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Tradurre una lingua di resistenza


Di Monica Rita Bedana*

 

Negli Stati Uniti sono usciti i dati del censimento della popolazione effettuato nel 2020: indicano che per la prima volta, dal 1790, la popolazione bianca diminuisce.

Decresce dell’8,6%, e oggi rappresenta il 57,8% delle persone: quasi un milione in meno rispetto al 2010.

Aumentano gli afroamericani, i latini, gli orientali, i meticci in genere, soprattutto tra i minori di 18 anni. I latini, in concreto, sono il 18,7% della popolazione, cioè 62,1 milioni di persone. Dal censimento del 2010 sono aumentati del 16,3%.

Sono dati che nessun ispanista può ignorare; sono dati che un traduttore dallo spagnolo deve conoscere, perché tradurre letteratura ha a che fare con il presente, con la vita, con la realtà che ci circonda. L’occasione di condividerli e sottolinearli, oggi, me la danno un articolo dello scrittore messicano Emiliano Monge su el País, dal titolo “Un idioma actual y vivo”; l’interesse e l’oziosa polemica suscitati in questi giorni dagli attacchi talebani in Afghanistan e dalla difficoltà degli occidentali di mettere in salvo gli interpreti e traduttori di cui si sono serviti in questi anni di guerra, addestramento militare e, infine ritiro delle truppe; dal fatto, infine, che nell’edizione autunnale di LINDELE tradurremo i pubblici discorsi di Lorca e, in particolare, la sua lunga presentazione della raccolta “Un poeta en Nueva York”. È per gli aspiranti corsisti, in particolare, che come docente del corso scrivo queste righe; per aiutarli a orientarsi fin da subito nel tipo di avviamento al mestiere di traduttore letterario che offrirò in classe. I tre argomenti qui elencati hanno un legame stretto con le statistiche del censo americano.

Partiamo dall’articolo di Monge, in cui lo scrittore racconta che un editore spagnolo gli propose, qualche tempo fa, “di trasportare nella nostra lingua attuale la Historia verdadera de la conquista de Nueva España, Bernal Díaz del Castillo, e spiega perché ha rinunciato al progetto. Condivido fino in fondo le sue motivazioni: “per me, trasportare la Storia vera della conquista della Nuova Spagna doveva essere, oltre a un processo che condensasse l’opera, un modo di distillarla, di lasciar evaporare del tutto quell’idea di vera che occupa il titolo e pervade l’intero racconto”.

In una manciata d’anni, gli Stati Uniti saranno il secondo paese al mondo per numero di ispanoparlanti, dopo il Messico. Gli oltre 62 milioni di latini che vivono negli USA, Monge, io, voi traduttori (e magari insegnanti) dallo spagnolo di oggi e di domani, parliamo la stessa lingua, e la parleremo sempre ma, al tempo stesso, ognuno parla la propria -e questo è un fatto personale, intimo, familiare, geografico, culturale ma anche, e profondamente, sociopolitico-. Tra la lingua di Bernal Díaz del Castillo e la nostra, i secoli trascorsi non sono la difficoltà principale: lo è il fatto che non tutti, qui, percepiamo che in una vasta area geografica al di là dell’Atlantico oggi lo spagnolo sia una lingua di resistenza.

La letterarietà e la geopolitica, dunque, sono inscindibili; chi traduce, oggi, non può ignorarlo. Vale per Lorca, che scrisse Poeta en Nueva York mentre assisteva al crollo della Borsa, nel 1929, in diretta, perché viveva in quella città, e vale per le sorti dei traduttori afgani e del comportamento dell’Occidente nei loro confronti -la Spagna, dopo molti tentennamenti, abbastanza tempo dopo il ritiro delle proprie truppe, li accolse come rifugiati politici per poi abbandonarli al proprio destino: ora sono persone in terra di nessuno, esposte, insieme alle loro famiglie, a una fatwa ovunque si trovino.

Espandere il nostro mondo significa espandere il nostro linguaggio, e viceversa. “Fare parole” è agire; la comprensione reciproca, nella vita, come nelle lettere, non è mai assoluta, ma sta a noi ri-tradurre e ri-tradurci di continuo, per spingerci oltre nel comprendere, nel far comprendere. È sul senso e i limiti della libertà ermeneutica che ogni giorno, da traduttori, camminiamo sul bordo dell’abisso ma possiamo svegliare e risvegliare coscienze (insomma, prima di iscrivervi a LINDELE perché “vi piace Lorca”, pensateci).

 

*Monica Rita Bedana dirige la Scuola dell’Università di Salamanca in Italia ed è traduttore letterario

 

https://elpais.com/opinion/2021-08-13/un-idioma-actual-y-vivo.html

 

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